Il coraggio della responsabilità

Che cosa succederebbe oggi, se improvvisamente Socrate, come era solito fare, se ne andasse in giro per le strade nei mercati, i luoghi che in generale frequentava per trascorrere il tempo a discutere con gli altri? che cosa succederebbe, se poi, dopo aver ascoltato per un po' ci ponesse una delle sue famose domande, che gli provocarono così tante inimicizie fra i suoi concittadini ateniesi, magari la domanda: "caro amico, comprenti ancora quello che dici? Che cosa intendi, veramente, quando parli in questo modo?  Non si creerebbe attorno a lui, anche qui, come una volta ad Atene, una sorta di silenzio imbarazzato? Quello spazio vuoto del disagio, quella freddezza che ancora oggi proviamo nel leggere i dialoghi platonici? Non sarebbe poi sorprendente, se Socrate ci chiedesse anche che cosa intendiamo con la parola responsabilità? Allora ripeteremo questo termine nella nostra discussione fino a renderlo logoro, lui sempre a metà tra l'astuzia e la sincera ricerca della verità, avrà buon gioco ad ammettere candidamente la propria ignoranza e ci chiederà di insegnargli qualcosa. Saremo noi in grado di farlo? Oppure finiremo nel più grave imbarazzo cercando di trovare qualcosa da rispondergli? C'è infatti una grande confusione è contraddizione nel modo in cui siamo soliti parlare di responsabilità. Viene richiesto di agire  con responsabilità, ossia di essere responsabili che significherebbe essere buoni, ma i responsabili sono di fatto quelli che si trovano innanzi a un tribunale. Questo vuol dire che solo il responsabile si erge liberamente davanti all tribunale, tuttavia è proprio responsabile ad essere colpevole.